29 luglio 2018

Notte Stellata (Rap)

Notte stellata, che sovrasti la vallata
Malata infettata dall’umanità che l’ha violata,
Tu che resti sola e ferma e non ti serve nulla
Ti prego insegnami a staccarmi dalle luci della giungla

Ululando nelle tenebre in preda alla pazzia
La mia anima si scioglie emanando malinconia
Ho perso qualche diottria cercando lumi dentro nubi
Tempi crudi, temo i lupi, trovo solo veleno altrui

Qualcosa m’ha colpito, sedotto e poi tradito
Forse è la vita che ti vuole e poi ti odia di rito
Che ti rigetta come un vecchio panno sporco
Quando comprende che qualcosa in te sta crescendo storto

Io che già da piccolo ero zitto e fissavo in basso,
Se la gente mi guardava io allungavo il passo,
Come un sasso sulla riva attratto dall’abisso che teme
Mi sono chiuso in me stesso e da lì è nato il mio seme

Quando ho mosso i primi passi su una tela
L’incastro difettoso sentì la forza di un atleta
Era la mia meta, metà dolore metà magia,
Come un poeta che si nutre della propria emorragia

Mia regina, pittura onnipotente che hai salvato me,
Con ogni quadro rispondevi ai miei perchè
Furia discreta, fuga concreta, sognando
Mi chiudevo con te nella mia stanza segreta

//

Non so più quando ma tutto è crollato,
Anche nella stanza segreta ero senza fiato sai
Ho visto corvi all’orizzonte, inseguivano i miei passi
Gridavano il mio nome e volevano che me ne andassi

Hanno distrutto ogni iris ed ogni girasole
Poi anche il sole, le mie suole sole ora calpestano ogni fiore
Lì in eterno a marcire dopo una lotta rapace,
E' necessario morire per abbracciare la pace?

Ne sarei capace, raggiungere quel cielo che tace
Con una canna in torace, un fucile loquace e giacere
Perchè credimi, nella vita di un pittore fugace
non è la morte la cosa più difficile

Frulla in testa una poesia voci di follia, via
Tutto sembra universale ma la guerra è solo mia
Qui ad un passo tra la notte e il giorno, terra e cielo
Il gelo morde forte sul mio stelo fragile insiste e rivedo

Ciò che ero, ciò che sono e ciò che sono gli altri
Pensavo l’arte mi salvasse ma ora è troppo tardi
Guardo l’abisso sotto e vorrei volare giù
nelle viscere del buio e non dover tornare più

E se per il mondo io sarò sempre un’anomalia
Tu prova a legger fra le righe e la didascalia
Cercavo solo luce dentro la claustrofobia
Ma è a senso unico la via, dico addio e così sia



Alessia "Sidera" - Notte Stellata
Testo e voce: Alessia Santangeletta
Dipinto: Alessia Santangeletta
Beat: Antik Beats
Lo spezzone a inizio traccia è tratto dal film "Loving Vincent"

Note:

In occasione dell’anniversario della morte di Vincent Van Gogh (29 luglio 1890), ho deciso di pubblicare questo mio piccolo ed umile esperimento.
Da tanto tempo ho la passione per la scrittura e il rap e, dopo alcuni esercizi personali, ho scritto questo testo in rima ispirandomi alla vicenda di Van Gogh; l’ho registrato e missato in modo del tutto casereccio, senza pretendere una massima qualità ma solo con l’intento di trasmettere qualcosa a chi ascolterà (che è anche ciò che cerco principalmente nella musica che ascolto).

Vincent esegue il dipinto “La notte stellata” nel giugno del 1889, al tempo del suo internamento nell’ospedale psichiatrico di Saint-Paul-de-Mausole, periodo in cui sembra considerare la pittura come l’unica medicina, l’unica via di salvezza.
Nel testo ho immaginato Vincent nelle sue ultime ore di vita, combattuto tra la vita e la morte, tra luce e buio; un giovane artista, la pittura, la meraviglia delle stelle che tanto lo affascinano, l’incompatibilità con il mondo, la fragilità, il suicidio.

Non voglio chiamare questa registrazione un vero e proprio “pezzo rap” (non ne sono all’altezza), ma ci tenevo provare semplicemente ad esprimermi anche con questo mezzo, che amo per la sua capacità di scendere nel profondo e di far riflettere emozionando. Quindi spero verrà ascoltato per quello che è: un semplice esercizio, un esperimento senza alcuna pretesa.

L’immagine che accompagna il brano è un mio dipinto, un omaggio alla famosa opera di Van Gogh.
Con questa pubblicazione ho così messo insieme le mie tre passioni più grandi: la scrittura, il disegno e il rap, che sono felice di aver potuto raggruppare in un unico, umile prodotto.
Grazie a chi ascolterà.

29 giugno 2018

Lettera a Leopardi

Caro Giacomo,

Ti scrivo oggi perché è il tuo compleanno. Ti scrivo oggi anche se, in realtà, almeno un pensiero te lo dedico sempre, ogni giorno. Sì, perchè tu mi hai salvata quando intorno non c’era che rovina, mi hai sussurrato Poesia quando non vedevo che minacce e calcinacci. Mi hai teso la tua mano. Poteva essere di chiunque, ma nessuno l’ha fatto. Se non tu.
Perciò mi pare doveroso ringraziarti una volta come si deve, in modo formale, scrivendoti una lettera che lascerò al vento.
Sono un’umana qualsiasi, un’umana nata duecento anni dopo di te che sta percorrendo il proprio cammino in un’epoca diversa dalla tua ma, come l’arte e la letteratura mi hanno ben insegnato, certe emozioni e certe sofferenze non hanno tempo.
Ti scrivo quindi da semplice umana, senza nome né identità, perché non sono io a parlare ma la mia interiorità più sincera e limpida. E perché certe sensazioni hanno un qualcosa di universale.

Ricordi ancora l’inizio? Io sì, non scorderò mai quel mattino grigio in un’aula di scuola superiore dai muri scarabocchiati, in un’aria sempre più cancerogena e pregna di ostilità; sentivo sempre più pesante sulle spalle e sul cuore il peso dei falsi sorrisi e degli sguardi malvagi di persone troppo superficiali per riuscire a comprendere altri percorsi dai loro, altre priorità dalle loro serate frulla-cervelli, dalle loro risate vuote e sciocche. Sentivo che la mia adolescenza era distante dalla loro e non riuscivo a riconoscermi nel mondo in cui il mio corpo era stato messo. Questo non perché avessi avuto qualche malattia, né qualche problema evidente: semplicemente, sentivo dentro di me altre esigenze da quelle standard (stabilite da chi, poi?), altri interessi. Io mi meravigliavo e sorridevo con altre cose, ed ero innamorata di altre vedute.
E quel mattino a scuola è avvenuto l’incontro più importante della mia vita: da una pagina forse compresa tra la 290 e la 310, hai fatto capolino tu. Tu con la tua perenne umiltà ed eleganza e, piano piano sottovoce, mi hai parlato. Lo hai fatto attraverso la poesia e un percorso esistenziale che subito ho sentito vicino al mio e mi ha conquistata. In qualche modo, lì su quella pagina c’era una parte di me, qualcosa che sentivo di avere ma che non riuscivo bene a definire.
Quel giorno mi sono sentita di colpo meno sola. Ho capito che qualcuno prima di me aveva provato certe sensazioni, aveva attraversato la marea della rabbia e del dolore e la siccità della solitudine, per atterrare sul guanciale morbido dell’Arte, al riparo dagli scherni del mondo, trovando il coraggio di esprimere le tempeste sulla carta. Quel giorno mentre uscivo da scuola mi sentivo più leggera, avevo la sensazione che qualcosa era cambiato per sempre e che, se avessi avuto bisogno di aiuto, mi sarebbe bastato buttare lo sguardo al cielo per trovare una risposta.
Mi sentivo protetta dall’alto da qualcosa di inspiegabile ma concreto. Perché tu per me sei concreto, Giacomo, anche se non ti posso vedere né toccare; concreto perché sento che sei vivo in me e in quello che faccio, perciò per me esisti. Ora. Non ti sei spento quel lontano giorno di giugno, no: tu risplendi come un sole e mi illumini, tu respiri ancora, forse insieme a me o forse sei il mio stesso respiro.

Da quel giorno ho iniziato a leggerti ovunque, ricordi? Ho voluto tenere tra le mani le tue parole così tante volte, volevo sentirti vicino. Quando leggevo i tuoi pensieri stavo bene, ed era una sensazione così intensa che quasi non conoscevo. Mi sentivo veramente compresa e in compagnia, e in breve tempo sei diventato una presenza quasi fondamentale. Il tuo era come un abbraccio fraterno. Gli scherni non potevano più toccarmi, perché ora avevo uno scudo più forte delle loro risate.
Sentivo che qualcosa nel mio essere diversa e nella mia solitudine aveva senso e valeva la pena di esistere. Capivo che non ero affatto sbagliata e che anzi dovevo tenere stretto ciò che avevo, perché era esattamente ciò che ero. Gli altri, invece, erano solo ciò che avevano.
Me lo hai fatto capire tu, Giacomo. Avevo una sensibilità ancora assopita che stava maturando, stavo inconsapevolmente covando il seme di una consapevolezza e bellezza interiore che mi accompagnano tuttora, e non vorrei mai essere diversa da così. No, non vorrei essere come quelle persone che vedo ovunque: la mia diversità mi allontana dagli altri, ma non la lascerei mai. Perché mi rende speciale. Non sono nessuno io, ma sono un nessuno con mille sogni e tanta voglia di emozionarmi e di leggere e di suonare e fantasticare e volare sui ghiacciai insieme alle aquile e vedere tutti i tramonti della Terra ad occhi chiusi. E ciò, a modo mio, mi rende felice. Ecco perché no, non mi baratterei con nessun altro.

Scoprendo a poco a poco le tue meravigliose pagine, Giacomo, ho scoperto anche le mie e ci ho trovato la magia che nessuno era ancora riuscito ad insegnarmi. Una magia che mai lascerò andare e tengo stretta come tu hai tenuto stretta me nel momento in cui ero sospesa sopra un burrone piena di domande e lacrime. Quelle tenebre minacciavano ma tu le hai ricacciate nell’ade e ti sei preso cura di me. Tutti i brividi percepiti danzando all’interno della poesia o di fronte al tuo sguardo trasparente ed etereo ci legano eternamente e mi danno la forza di camminare e continuare a prendere in mano la penna come tu stesso hai fatto per tutta la tua vita.
Hai fatto maturare la mia sensibilità, le hai dato un volto, una voce e una forma, la stai proteggendo e riscaldando. Hai preso la mia vita vacillante e l’hai raccolta dal fango, salvandola dall’abisso.
Ti devo tutto, Giacomo. Hai preso il mio dolore e l’hai trasformato in arte.

Tu sei stato il mio Maestro, il mio amico e il mio angelo custode, e tuttora lo sei. Ti ringrazio ogni giorno, e non ci vedo nulla di così diverso dal ringraziare e pregare un dio.
Spero potrai sentire le mie parole e la mia riconoscenza, a volte me lo domando... ma so che in ogni caso questo affetto non andrà perduto.
Chiediti, se puoi, quante vite hai salvato: prova a chiedertelo. Riflettici su un attimo. Io sono solo una delle tante. So che là fuori sono molte le anime sperdute che ti amano e devono tutto a te, quaggiù siamo un esercito che ti ama e ti porta nel cuore, sai? Perchè tu, eterno ragazzo dal sorriso mesto, hai saputo parlarci come nessun altro: non lo potevi immaginare, ma ciò che hai creato è veramente qualcosa di magico. Hai paradossalmente trasformato il dolore e la sofferenza nella più forte fonte di vita. La tua energia supera ogni limite di spazio e tempo, e solo le anime più speciali arrivano a fare tanto. Per questo non potrei mai dimenticarti.
Questa lettera è un dovere nei tuoi confronti. Leggila lentamente e conservane l’amore.

Ti voglio bene. Spero che questo possa renderti felice e spero, un giorno, di potertelo dire guardandoti negli occhi.
Grazie per avermi salvata.

Sempre tua,

un’umana qualunque
29 giugno

Brano liberamente ispirato a pensieri sparsi, non per forza autobiografico ma certamente sincero nell’amore nei confronti di questo grande Poeta.


18 marzo 2018

Cerco il buio

È nata con me
questa mia oscurità di fondo
incisa negli strati del sottopelle
e impregnata di cosmo.

Nel cielo stellato
non guardo gli astri;
mi sovrasta il buio che li attornia
rendendoli così perdutamente
soli e isolati.
Come è ogni uomo.

Discendo negli oscuri abissi
ove silente giace
il vero mistero dell’iceberg,
lontano da sguardi ridenti
illuminati da un falso sole uniformante.

Spesso accecata dal nulla,
dove c’è troppa luce lascio perdere.
Dagli occhi degli altri assorbo
le tenebre,
le bevo
con la speranza di restituirle
meno amare.

Sento un’armonia
nei nòccioli di malinconia cresciuti
in frutti acerbi e innocenti.
Viscere contorte dalla sorte nefasta
polsi sbocciati
respiri troncati.

Io cerco il buio della sincera notte
nascosto in animi perduti,
pianti di labbra silenziose
stomaci colmi di inghiottite lacrime.

O cuori raminghi e solitari,
con voi solo
i miei battiti sono in sintonia.

Vi dono il mio canto.
Tenendoci per mano,
anche nel buio
non ci perderemo.



Alessia Santangeletta


Immagine tratta dal web